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L’autostima è una delle basi fondanti sia il nostro essere che la nostra quotidianità; è alla base della possibilità di scegliere, di non subire nella vita né nelle relazioni, del darci valore, dell’amarci. Un senso di autostima sufficientemente sviluppato, ci permette di vivere con maggiore pienezza.

Essere sicuri di sé non vuol dire essere arroganti, presuntosi né tanto mento vuol dire sentirsi infallibili o onnipotenti. Essere sicuri di sé vuol dire non provare paura al pensiero di poter sbagliare, perché si è consapevoli che lo sbaglio non compromette noi stessi/e e che non toglie valore a ciò che siamo.

Purtroppo, però, nel corso della nostra vita l’autostima può diminuire molto ed essere minata nelle sue basi; quando e perché succede?

Houellebecq in “Le particelle elementari”,  fa dire ad uno dei suoi personaggi: “la possibilità di esistere ha inizio nello sguardo del prossimo“, ma se lo sguardo del prossimo è duro, severo, giudicante, critico, la possibilità di esistere in modo pieno e soddisfacente diminuisce, cominciamo a ripiegarci, ad accartocciarci su noi stessi ed il processo vitale di espansione ed autorealizzazione non procede come dovrebbe.

Questo può succedere, ad esempio, se ci è capitato (soprattutto da bambini) di essere continuamente svalutati, criticati o giudicati, oppure se non si è potuto da subito sperimentare la possibilità di fare da sè perché c’era sempre qualcuno che si sostituiva a noi nel fare le cose e non ci permetteva di sperimentarci nelle nostre capacità; o, ancora, poteva capitare di vivere sotto una campana di vetro, in cui i “stai attenta/o, non correre che ti fai male, guarda che cadi, vedi che non ce la fai” invece di essere protettivi sono diventati un senso profondo di non farcela, di non essere capaci, di essere difettati e manchevoli di qualcosa.

Le conseguenze di questa evoluzione sono veramente moltissime, proverò ad elencarne alcune:

  1. si diventa adulti pieni di paure (di non farcela, di non essere capaci, di non essere adeguati) e con una bassa sicurezza in se stessi, quasi come se ci si sentisse inconsistenti, senza peso e poco presenti nel mondo;
  2. può diventare difficile se non addirittura impossibile prendere delle decisioni;
  3. si è sempre insoddisfatti di quello che si fa e di quello che si è, alla ricerca costante di un perfezionismo che non si riesce a raggiungere;
  4. non si riesce ad agire in modo determinato, né a portare le cose fino in fondo;
  5. si può diventare accondiscendenti al punto di subire, non ci si piace, non si sa qual è il proprio valore e si pensa di non meritarsi le cose belle, le relazioni belle e soddisfacenti (se vuoi saperne di più sulla dipendenza affettiva).

Cadere e rialzarsi, sbagliare e correggersi, tentare e ritentare sono movimenti non solo importanti ma letteralmente vitali, perché ci danno la serenità nel poter essere noi stessi.

Abbiamo bisogno di essere gentili con noi stessi ed accettarci nei nostri difetti e limiti, proprio come cantava Max Gazzè “che fatica innaturale perdonare a me stesso di essere io, di essere fatto così male“.